ASSUNZIONE DELLA BEATA VERGINE MARIA

 

Celebriamo il 15 agosto il mistero dell’Assunzione. Alla fine del suo passaggio sulla terra, la Madre del Redentore, è stata elevata nella gloria in corpo e anima vicino a suo Figlio, nel cielo.
Ne gioiscono gli angeli e gli uomini. Perché ci pervade oggi questa letizia intima, perché sentiamo il cuore traboccante e l’anima inondata di pace? Perché celebriamo la glorificazione di nostra Madre, ed è naturale che i suoi figli, costatando l’onore tributatole dalla Trinità Beatissima, sentano una grande allegrezza.

Stiamo contemplando un mistero d’amore. La ragione umana non riesce a comprendere. Solo la fede può spiegare come una creatura umana sia stata elevata a una dignità così grande da essere il centro d’amore su cui convergono le compiacenze della Trinità divina. Ma, trattandosi di nostra Madre, ci sentiamo capaci, per così dire, di capire di più di quanto non ci sia concesso in altre verità di fede.

Come ci saremmo comportati se avessimo potuto sceglierci la madre? Credo che avremmo scelto quella che abbiamo, ma l’avremmo colmata d’ogni grazia. Così fece Gesù. Essendo onnipotente, sapientissimo e l’Amore stesso, il suo potere compì per intero tutto il suo volere.
Se Dio ha voluto innalzare in tal modo sua Madre, non le ha risparmiato, durante la sua vita terrena, né l’esperienza del dolore, né la stanchezza del lavoro, né il chiaroscuro della fede. A quella donna che un giorno proruppe in lodi a Gesù esclamando: Beato il grembo che ti ha portato e il seno da cui hai preso il latte, il Signore risponde: Beati piuttosto coloro che ascoltano la parola di Dio e la osservano. Era l’elogio di sua Madre, del suo fiat, sincero, pieno di dedizione, portato a compimento fino alle ultime conseguenze, che non si sarebbe manifestato in gesti spettacolari, ma nel sacrificio nascosto e silenzioso di ogni giorno.

Quando meditiamo queste verità, comprendiamo un po’ di più la logica di Dio; ci rendiamo conto che il valore soprannaturale della nostra vita non dipende dalla realizzazione delle grandi imprese che a volte ci figuriamo con l’immaginazione, ma dall’accettazione fedele della volontà di Dio, dalla disposizione generosa a far fronte al piccolo sacrificio quotidiano

Per giungere a essere divini, per divinizzarci, è necessario imparare a essere molto umani, vivendo al cospetto di Dio la nostra condizione di uomini comuni e santificando questa apparente piccolezza. Così visse Maria. Colei che è piena di grazia, colei che è oggetto della compiacenza divina ed è al di sopra degli angeli e dei santi, condusse un’esistenza comune. Maria è una creatura come noi, ha un cuore come il nostro, capace di provare la consolazione e la gioia, la sofferenza e le lacrime.

Prima che l’Arcangelo le comunicasse la volontà di Dio, la Madonna ignorava di essere stata prescelta fin dall’eternità per essere la Madre del Messia. Si considerava creatura infima e perciò riconosce, con profonda umiltà, che in Lei ha fatto grandi cose l’Onnipotente.
La purezza, l’umiltà e la generosità di Maria contrastano con la nostra miseria e il nostro egoismo. Ce ne accorgiamo, ed è logico che ci sentiamo spinti a imitarla; siamo come Lei creature di Dio e, se ci sforziamo di essere fedeli, il Signore opera anche in noi grandi cose. La nostra pochezza non sarà di ostacolo: Dio sceglie infatti ciò che non ha valore perché risplenda di più la potenza del suo amore.