Conclusione dell’anno liturgico

 

In questo mese di novembre la comunità cristiana vive le ultime settimane del suo calendario liturgico.

L’anno liturgico è un vero e proprio cammino di salvezza, perché la Chiesa rende presente il mistero della Redenzione con la sua pienezza di grazia. Esso, quindi, è un anno di grazia del Signore, per questo il cristiano a contatto con questo tempo deve trasformare la propria vita, rinnovandosi, o meglio, convertendosi, come è avvenuto per i santi.

Nell’ultima domenica dell’Anno Liturgico la chiesa celebra la solennità di Nostro Signore Gesù Cristo, Re dell’Universo. Nel Calendario liturgico la festa è recente. La ha introdotta Papa XI nel 1925, con la enciclica “Quas primas” a coronamento del giubileo (Anno santo)

Questa festa indica non solo la conclusione di un anno, ma anche la dimensione escatologica della vita in Cristo che ricorda come l’ultima parola sull’esistenza umana sarà di Gesù. Saper riconoscere la regalità di Cristo, nella società e nella propria vita, significa accogliere un re che capovolge l’idea stessa della regalità.

È un re che vuole essere riconosciuto nei poveri, negli ammalati, negli stranieri, negli affamati e assetati … (Mt 25,34-35). É un re che va controcorrente, che non regna, con le armi e con la forza, per aumentare il suo potere e schiacciare gli altri. È un re che regna attraverso l’amore, Amore che dona la propria vita per la salvezza degli altri.

Il Cristo è chiamato a guidare il popolo di Dio, ad esserne il re; la sua regalità è di origine divina ed ha il primato su tutto, perchè in lui il Padre ha posto la pienezza di tutte le cose.

I titoli di Gesù: Re, Messia, Salvatore, Unto di Dio, Figlio di Dio, risuonano intorno alla croce in frasi beffarde e provocanti. In questa situazione Gesù compie un gesto veramente regale e assicura al malfattore pentito l’ingresso nel regno del Padre. Anche nei confronti degli avversari più accaniti Gesù dirà parole di perdono: «Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno».

Gesù, quindi, esercita e manifesta la sua regalità, non nella affermazione di un potere, ma nel servizio di un perdono che tende alla riconciliazione.

Gesù è re perché, perdonando e morendo per la remissione dei peccati, crea una nuova unità fra gli uomini. Spezzando la spirale dell’odio, offre la possibilità di un nuovo futuro.

Riconoscendo che Gesù è re, noi crediamo che con lui Dio ha manifestato in modo pieno che la realizzazione dell’uomo può avvenire solo nell’obbedienza alla sua volontà. Non c’è azione dell’uomo che non sia sotto il giudizio di Dio, non c’è spazio nella storia che possa fare a meno del rapporto con Dio per mezzo di Gesù. La signoria di Cristo ci insegna ancora che la vita a cui siamo chiamati è la stessa vita che ha vissuto Gesù Cristo: vita di servizio ai fratelli. Vivendola, noi confessiamo la sua signoria e diventiamo a nostra volta uomini di pace e di riconciliazione. Nella Chiesa, come in ogni comunità, il ministero (servizio) dell’autorità, è dato non per l’affermazione personale, ma in funzione dell’unità e della carità. Cristo, buon pastore è venuto non per essere servito, ma per servire e dare la sua vita.